Era solo un sogno?

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era solo un sogno?Frequentando qui in America una scuola in cui la percentuale di “bianchi” è pari, se non inferiore, a quello di persone di altre etnie, ho potuto osservare e certamente ammirare fin dal primo giorno il livello di integrazione di queste e la stupefacente apertura di ognuno verso il prossimo.
Parlando con parecchi compagni di classe ho constatato che la maggior parte di loro ha almeno un parente stretto (un genitore o un nonno) non di origine americana. Africani, Coreani, Cinesi, Giapponesi, Italiani, Ispanici, Indiani. E potrei continuare. Tutti accomunati dal loro “sentirsi americani”, tutti contenti di vivere in America e tutti grati alla loro Patria di poter godere di condizioni di agiatezza e pace. Rimanevo ogni giorno incantata di come riuscissero a fare di tutte quelle differenze un punto di forza e della loro nazione un motivo di unione.
Con il passare dei mesi e dopo alcune interessanti discussioni avute con la famiglia ospitante ho potuto capire che la mia visione sull’integrazione in America era limitata ad una realtà troppo piccola, che non rispecchiava pienamente la situazione reale attuale.
I fatti che ultimamente riempono stampa e TV americane lo dimostrano: a seguito della sentenza da poco emessa che ha scagionato il poliziotto uccisore di Michael Brown e di Rumain Brisbon, ragazzo di colore di Phoenix in Arizona, ferito e ucciso da un colpo di pistola sparato da un agente durante un controllo per la ricerca di droga, le reazioni della popolazione si sono fatte sentire in tutto il Paese. Numerosi cortei di protesta sono stati organizzati nelle principali città e a Washington i manifestanti hanno sostato per giorni davanti alla Casa Bianca.
Questi fatti si potrebbero facilmente definire marginali catalogandoli come episodi di violenza “comune” come qualcuno vorrebbe far credere. Sarebbe un grande errore. Ancora oggi una parte consistente della società americana, a partire dal governo e dalle istituzioni, è fortemente razzista. I “neri” sono quelli che hanno meno possibilità di trovare un’occupazione e di alzare il loro tenore di vita e,secondo le statistiche hanno più probabilità di un bianco di essere fermati per controlli per il possesso di sostanze stupefacenti.
Intanto, di fronte ai fatti recenti, Obama invita i giovani a non arrendersi e, anche se il caos è tanto e le dichiarazioni del presidente sembrano quasi una contraddizione, mi chiedo se quello di Martin Luther King non sia rimasto solo un sogno.

Chiara Graglia  (4B) – Corrispondente dagli Stati Uniti

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