What is a woman?

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WIAWPoco prima dell’estate del 2022, sul The Daily Wire, un sito conservatore americano, è stato pubblicato What is a woman?, uno dei documentari più sconvolgenti dell’ultimo decennio, presentato da Matt Walsh, commentatore di punta del sito. Per capire la storia dietro al docu-film è necessario conoscere il nostro protagonista. Matt Walsh, nei suoi video, non lascia trasparire molto sulla sua vita. E’ un uomo di mezz’età, conservatore, religioso, padre di quattro figli. Sembra severo, austero ed è cinico nelle sue invettive, rivolte alla sinistra liberal americana. E’ critico soprattutto verso la teoria gender e la sessualità libera, che vede come una minaccia ai valori della cultura occidentale, di cui si fa campione. Questo insieme di posizioni non sono, come si potrebbe pensare, l’effetto di un ultimissima moda. Già negli anni ‘70, il sociologo Alfred Kinsey aveva ipotizzato qualcosa che è poi diventata nota come “Scala Kinsey”, attraverso la quale, in modo discutibile, veniva misurata la sessualità degli individui, con il pretesto di mostrare come l’essere umano fosse, in sintesi, una bestia sessuale fin dalla nascita. Kinsey, infatti, sosteneva che anche i bambini fossero esseri sessualmente attivi fin dalla più tenera età. Questo, però, all’epoca era passato inosservato rispetto a tutta la mole di altri studi che Kinsey aveva prodotto, tra cui quello che, fra i primi, aveva asserito che l’omosessualità era un comportamento perfettamente naturale, umano e comune. Divenne un’icona dalla Comunità Gay, e a lui venne dedicato un istituto di ricerca per la psicologia sessuale, il “Kinsey Institute” appunto. Viene spesso dimenticato, e andrebbe ricordato, che Kinsey aveva negato, in un altro studio, l’esistenza sia dell’eterosessualità sia dell’omosessualità: per lui si trattava solo di sfumature di uno spettro vastissimo. Nessuno avrebbe desideri sessuali chiaramente definiti: si tratterebbe solo di preferenze momentanee inevitabilmente inclini a mutare nel tempo. Una posizione, per citare il commento di Walsh, che “darebbe origine a un marasma confuso e indefinito”. Un caos ignorato anche negli ambienti più liberali degli anni ‘70. Si trattava di qualcosa che nessuno all’epoca poteva forse realmente capire: neanche chi lo aveva apprezzato e studiato si era premurato di approfondire le ricerche metodologicamente più inquietanti del dr. Kinsey.

Nel 2022, però, queste non sono solo riaffiorate, ma sono diventate la struttura fondamentale dell’ideologia moderna più controversa: la “Gender Theory”, già citata. Oltre a negare l’esistenza della sessualità, lo stesso Kinsey smentì anche che le persone nascano con un genere chiaro, ciò che per secoli era stato stabilito sulla base della genetica e della scienza venne ritenuto un insopportabile sopruso da parte di una dottrina criminale. Non esiste alcun genere, o meglio si tratta di un costrutto slegato dalla biologia umana. Noi non nasciamo né maschi né femmine, ma siamo inseriti brutalmente in una delle due categorie possibili, e di conseguenza ci vengono poste norme e comportamenti conseguenti. L’assegnazione del genere, per usare le parole della Dott.ssa Forcier, pediatra nel Massachusetts, intervistata da Walsh, è un “abuso di potere di medici bigotti”.

E’ evidente, come riconosciuto da Walsh, che si tratta di una teoria che minaccia la percezione stessa della realtà, affermando, nichilisticamente, che non esista alcuna verità scientifica e universale: ognuno può scegliere cosa essere e va assecondato. Negando quello che è l’assioma fino a questo momento universalmente accettato: una persona nata con genotipo maschile è un uomo, altrimenti è una donna. Ed è proprio dalla parola “donna” che Matt Walsh prosegue nella costruzione del suo documentario: nel marzo del 2022 la gara di nuoto femminile della National Collegiate Athletic Association venne vinta dall’atleta Lia Thomas. Nulla di strano, se non fosse che Lia Thomas è un uomo, o meglio, un medico “dalle vedute limitate” lo ha dichiarato maschio vent’anni fa. Ma ora lui (o lei, a seconda della sensibilità di ciascuno), sente che quello non è il suo vero genere, di essere nato nel corpo sbagliato, di aver subito vent’anni di vessazioni verbali e psicologiche. Lia è un nuotatore, che ha gareggiato per tutta la sua vita nelle leghe maschili. Si trattava di un atleta troppo prestante per le sue colleghe delle squadre femminili, superiore fisicamente non per il fatto di essere un uomo “biologico” ma perché era un uomo molto allenato. Le altre atlete non hanno avuto possibilità di vincere un consistente premio in denaro, di partecipare a gare nazionali, o addirittura alle Olimpiadi, e hanno visto anni di duro lavoro sfumare davanti ai loro occhi. E’ innegabile che in alcune pratiche sportive la morfologia maschile garantisca agli uomini di ottenere risultati migliori delle colleghe. Per questo esistono leghe separate: non è un costrutto opprimente, ma una possibilità per tutti di vincere. La colpa di Walsh? Dirlo ad alta voce, twittare dell’ingiustizia, cercare di rendere pubblico l’accaduto. La risposta, oltre a insulti e minacce vili rivolte a Walsh e alla sua famiglia, è stata quella di cacciare le colleghe di Lia Thomas, colpevoli di aver timidamente supportato il giornalista americano, che aveva scoperchiato il Vaso di Pandora. Da Thomas non ci sono state dichiarazioni in merito. Questa vicenda ha spinto Walsh a intraprendere un viaggio nell’ideologia gender negli Stati Uniti, che lo ha portato a scoprire verità sconcertanti sull’industria mediatica e medica che lucra sulla sofferenza di persone fragili, isolate, insicure, mostrando loro una via semplice per risolvere i loro problemi. In prima battuta il documentario sembra una grottesca commedia: Walsh, mentre cammina per le strade di San Francisco, intervista dei passanti vestiti o truccati in modo improbabile, alcuni addirittura nudi. La domanda che fa, alla luce degli eventi recenti, è molto semplice: “What is a woman?” (Cos’è una donna?); insomma, chiede cosa rende un essere umano una donna e  se ci sono caratteristiche che ne determinino la “natura femminile”. C’è veramente bisogno di intervistare centinaia di persone per trovare una risposta a una domanda che parrebbe banale? Apparentemente sì. Nessun intervistato è stato in grado di rispondere coerentemente. Il riscontro più comune fra il pubblico americano è stato: “Una donna è chiunque essere umano si identifichi come tale”. Ad ognuna di queste affermazioni Walsh, incredulo, strabuzzava gli occhi. Ma quindi, se non ci sono caratteristiche che definiscono una donna, perché ognuno può esserlo, allora in cosa si identificano queste persone? Sarebbe un’ammissione di sconfitta dichiarare che, effettivamente, le donne sono tali su una base biologica. Gli psicologi e i professori universitari intervistati non si sono dimostrati più utili allo scopo del pubblico di massa: nessuno, nel corso di due ore di documentario, dal villeggiante sulla spiaggia di Miami fino al “Senior Lecturer of Gender Studies” dell’Università dell’Arizona, è riuscito a mitigare i dubbi di Walsh, o meglio a convincerlo che ci fossero caratteristiche altre, rispetto a quelle biologiche, che rendessero una donna tale. Questa ondata ideologica ha colpito il mondo occidentale e come un’epidemia si è diffusa, grazie alla propaganda lucrativa dei media. Il target? Adolescenti insicuri, soli, confusi sulla propria identità, incapaci, non per colpa loro, di trovare uno scopo e di capire passioni, sentimenti che li pervadono e reagire a situazioni difficili. Un pubblico, purtroppo ampio, a cui invece di fornire serio aiuto psicologico, e investire nelle strutture scolastiche per garantire realtà sicure, viene offerta una scappatoia, una via di fuga, una panacea per tutti i loro mali: il cambio di genere. Fin da bambini si può essere drogati e mutilati per essere accettati dalla comunità, per essere apprezzati, per essere inclusi. Qui arriva il criminale intervento delle multinazionali farmaceutiche che offrono tali prestazioni anche a bambini piccolissimi, fingendo di aiutare genitori disperati ad aiutare i propri figli a superare i momenti difficili, incapaci di accompagnarli verso una crescita sana. A questo punto, dopo aver ingannato i genitori, mutilato i ragazzi e intascato i quattrini, inizia l’assalto mediatico su vasta scala. Chi si oppone al fatto che a bambini siano dati ormoni che fermano la crescita regolare (usati anche per la castrazione chimica) diventa un bigotto, un transfobico, un diavolo conservatore, anche se pone una semplice domanda: “Come può un bambino, o anche un ragazzo, avere la consapevolezza, particolarmente se in una situazione difficile, per compiere una scelta irreversibile?”

Basta anche molto meno per finire nella lista nera:  è di moda scegliere i propri pronomi fra una vasta gamma, anche inventarne di personalizzati. Questo abuso di ogni lingua (dall’inglese all’italiano) è l’ennesima colossale mancanza di rispetto verso chi, per davvero, soffre di una condizione medica come la disforia di genere, che è trattata da cure e visite psicologiche, ma poiché queste persone sono una minoranza risicatissima della popolazione, non è lucrativo aiutarli, dunque bisognava ampliare il mercato. Il documentario si chiude con una storia struggente; una donna, che ha chiesto di rimanere anonima, racconta la sua scelta di avviare un percorso di transizione quando era giovanissima per diventare un ragazzo. Nessuno l’aveva fermata, anzi, era stata incoraggiata e ritenuta coraggiosa per “essersi accettata per com’era davvero”. Allo stato attuale ha subito una dozzina di operazioni per complicazioni sopraggiunte a seguito delle reazioni che il suo corpo ha avuto dopo la procedura di cambio di genere. Racconta che i dottori hanno praticato macelleria sul suo corpo, e, a causa delle infezioni provocate dalle operazioni, non sopravviverà a lungo.

Walsh l’abbraccia mentre piange, il suo volto austero e duro è rigato dalle lacrime, la sua voce stentorea, arma tagliente, è rotta. 

In conclusione, dunque, what is a woman?

Stefano Teppa

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