Il 21 febbraio non era un giorno diverso dagli altri. Forse più sereno, di fronte alla prospettiva di avere qualche giorno di riposo durante le vacanze di Carnevale. Se mi avessero detto, uscita da scuola, che quello sarebbe stato il mio ultimo giorno da liceale non ci avrei creduto.
Pensare di non avere avuto la mia ultima volta mi riempie di un’emozione strana: non è rabbia, non è tristezza, nemmeno malinconia. È un po’ tutto. Mi ricordo di tutti i piccoli momenti, così insignificanti prima e così importanti adesso: le corse alla prima ora per prendere i banchi migliori durante le verifiche; lo studio matto e disperatissimo il pomeriggio prima di una verifica; l’ansia del perdere il pullman; il caffè al bar con gli amici prima di salire le scale; il fiatone, dopo aver fatto quelle tre rampe di scale!
Anche le lezioni più noiose mi mancano, e gli occhi assonnati delle 8 del mattino. Cosa non darei per sentire ancora una volta il suono della campanella, così dolce e così stridulo a seconda dell’ora in cui suonava. Come cambiano le prospettive, quando si mette irreversibilmente la parola “fine”.
Quando muore una persona cara, si darebbe qualsiasi cosa per un ultimo addio. Il 21 febbraio è terminata una fase della nostra vita in modo del tutto inaspettato ed è morto, senza dire una parola, lo studente liceale dentro ognuno di noi, che imprecava alla sveglia che suonava prima dell’alba e arrancava sotto uno zaino troppo pesante. Una fine ingiusta per questo lungo percorso di formazione durato 13 anni, che culmina in un esame assurdo. Non avremo la mitica “notte prima degli esami” che tutti da grandi si ricordano, non si canterà la famosa canzone di Venditti quest’anno, abbracciati e magari un po’ sbronzi: la grande Maturità, tanto temibile quanto poi memorabile, per noi non ci sarà. E tante altre cose non ci saranno.
Per noi è già passata l’ultima volta, silenziosa, insignificante: l’ultimo intervallo con i compagni, l’ultimo caffè alle macchinette, l’ultima battuta con il nostro bidello preferito, l’ultimo “separate i banchi”, l’ultimo “scusi prof, non è suonata la sveglia”.
Certo, era già scritto che un giorno tutto questo sarebbe finito, ma non così. Le altre generazioni di studenti hanno potuto assaporare gli ultimi istanti, saranno impressi indelebilmente nei loro cuori, con quella nota romantica che circonda tutto ciò che non tornerà più. Noi no. Noi studenti di quinta non abbiamo avuto questa possibilità, ci è stato tolto tutto prima che potessimo renderci conto che fosse finito. Prima che il “mai più” risuonasse nella nostra testa, prima che la nostalgia riempisse i nostri cuori.
Vedo i miei compagni attraverso lo schermo e penso che alcuni di loro potrei non vederli più. Certo, forse un’ultima pizza, quando tutto questo sarà finito. Forse nemmeno quella. E con un’acuta fitta al petto, con la gola che mi si stringe e gli occhi che diventano lucidi, penso che ormai non sono più i miei compagni di classe. Quelle persone, con cui nel bene e nel male ho condiviso cinque anni della mia vita, ormai sono nel passato. Senza preavviso. Certo, ci si vede in videolezione, ma sappiamo tutti che non è lo stesso.
A tutti i ragazzi che avranno la fortuna di non passare gli ultimi mesi del proprio percorso scolastico chiusi in casa, tra l’ansia per un esame di cui non si sa nulla e la nostalgia per una vita che non tornerà più, dico: godetevela. Vivete ogni momento, assaporatelo. Ridete con gusto durante gli intervalli, abbracciate più forte il vostro vicino di banco, guardate con occhi diversi quell’edificio tanto temuto. Tutto questo potrebbe esservi tolto da un momento all’altro, senza che voi possiate dirgli addio, e non c’è nulla di più triste del rimpianto. Tutto questo vi mancherà, ve lo assicuro.
Ai miei compagni, ai miei coetanei e amici, dico: rimaniamo vicini. Coltiviamo quelle amicizie che ci hanno fatto sentire così bene, non facciamo sciogliere quei nodi che ci hanno fatto essere tutti parte di un’unica grande famiglia, come compagni di ciurma su una barca alla deriva. Non dimentichiamo questi anni, questi periodi di gioia, di rabbia, di pianti e risate. Manteniamo vivo il ricordo e rinnoviamolo sempre. Non scordatevi nemmeno del compagno che vi sta più antipatico: un sorriso, almeno una volta, ve l’avrà fatto comparire sul viso. E gli amici più stretti, non perdeteli: sono i vostri compagni per la vita.
Questa pandemia ha tolto a tutti qualche cosa, ma a noi maturandi un pochino di più: ci ha sottratto la nostra ultima “ultima volta”.
Elisa Buglione-Ceresa