A scuola in arabo … un sabato pomeriggio all'Umberto I

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Le nostre lavagne ... al sabato pomeriggio

Le nostre lavagne ... al sabato pomeriggio

Armate chi di registratore, chi di blocco degli appunti varchiamo il portone del caro, vecchio Umberto I con la sensazione di essere un po’ fuori posto entrando a scuola alle quindici e trenta di un sabato pomeriggio. Al secondo piano ci aspettano le insegnanti, sedute attorno alla cattedra del corridoio, e dopo un saluto veloce ci conducono ospitalmente verso la prima classe, indicandoci la strada come se avessero scordato che questa è anche la nostra scuola. Ma per un pomeriggio è bello fingere di essere davvero in missione speciale in un luogo sconosciuto, perciò ci limitiamo a seguirle con un po’ di trepidazione. Sulla soglia della III F veniamo accolte dai visi sorridenti di due bambine che sono uscite correndo dalla classe. All’interno dell’aula una ventina di bambini scompaiono nei banchi troppo grandi per loro:« Hanno quattro e cinque anni», ci dice la loro maestra di Arabo e Corano, Manal Galal. Hanno quattro e cinque anni e un quaderno fitto di parole davanti a loro, una colonna per ogni lettera dell’alfabeto; ci guardano un po’ stupiti, forse perché la loro capacità stupisce noi. Ci stupisce anche sapere che la loro maestra, che in Egitto è laureata insegnante, qui fa la casalinga: «Come tutte le Egiziane», conclude la conversazione lei, non prima di averci detto che un ragazzo che frequenta qui la prima Liceo è stato un alunno della scuola araba. Decidiamo che costui non sfuggirà al nostro furore giornalistico. Anche nella II E si studiano Arabo e Corano, con la maestra Rasha Mohamed. I suoi allievi, che frequentano la seconda elementare, parlano tutti l’Italiano tranne un bimbo che “è appena arrivato”, come ci comunica il coro dei compagni. La gran parte di loro è nata qui da genitori egiziani, e alla domanda :«E voi, andate in Egitto?» della prof.ssa Valfré una vocetta acuta ci rende edotti sul fatto che qualcuno ci andrà in vacanza quest’estate. Non tutti gli alunni vivono a Torino, alcuni si spingono fino alla nostra metropoli per frequentare la scuola in Arabo che permetterà loro, se la continueranno fino alla terza media, di assolvere l’obbligo scolastico egiziano. «Questa scuola nasce proprio per garantire ai ragazzi la possibilità di continuare gli studi anche in Egitto, qualora la loro famiglia dovesse tornare giù», ci dice qualcuno, ma una maestra scuote la testa sorridendo, e ci dice che i ragazzi resteranno qui. In quarta elementare invece si studia storia e geografia per prepararsi ai due esami annuali che sono tenuti da una commissione che viene fatta venire appositamente dall’Egitto. Anche questi bambini sono quasi tutti nati qui, ma comunque «… dopo un anno che sono qui, è come se ci fossero nati!», ci dice la maestra, riferendosi alla proprietà di linguaggio con cui i ragazzi parlano l’Italiano. L’aula della II D ospita una classe con ragazzi di età diverse: alcuni frequentano la quinta elementare, altri la prima media. Qui si studia matematica con una maestra senza hijab, e le lavagne sono coperte da schizzi di triangoli.
Alla domanda «Cosa vorreste fare da grandi?» della prof.ssa Valfré vengono date le risposte più disparate: l’ingegnera, la dottoressa, la modella. «Sì, la modella tu!», rimbecca un’altra  temeraria ragazzina con voce canzonatoria. Non tutti apprezzano che le lezioni si svolgano durante il fine settimana: qualcuno da dietro un hijab colorato definisce passare il sabato pomeriggio sui banchi “un gran peccato”. Come darle torto: dieci ore di scuola nei giorni che sono ‘di riposo’ per definizione non divertirebbero nessuno. In I B ha sede la terza media con i suoi sette studenti, di cui cinque ragazze con le idee chiare sul proprio futuro: alcune hanno già deciso di intraprendere studi scientifici in alcuni dei Licei più quotati di Torino. I ragazzi invece sono ancora dubbiosi, e noi ci limitiamo a farci porgere i loro libri di matematica, che come tutti i testi scolastici della scuola – che ha lo storico nome di “Il Nilo” – provengono dall’Egitto. L’ultima classe che visitiamo è la II B, dove ha sede la prima media, in cui si studia Inglese con testi bilingue Inglese-Arabo. Proprio il fatto che questi ragazzi conoscano l’Inglese induce la professoressa Valfré a suggerire che alcuni di loro presenzino all’ edizione di questi mesi del progetto Comenius, nella speranza che il tema “Towards a European citizenship” possa un giorno allargarsi fino a raggiungere dimensioni internazionali scavalcando, perché no, anche il “mare nostrum”.

Chiara Murgia (1C)

 

Un libro di testo

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