Cosa (non) è stata l’autogestione

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Autogestione. Se il suono di questa parola dovesse evocarvi le immagini più rappresentative del cosiddetto cazzeggio, temo dovrete ricredervi. Le tre “giornate dello studente” dell’Umberto I sono state tutt’altro. Forse per far capire cosa sono state è più facile partire da cosa non sono state.

Non sono state un pretesto per saltare lezioni, organizzare bische con gli amici, mascherandole come laboratorio di “cartomanzia” o trasformare l’edifico in una pattumiera ambulante, tutte quelle cose insomma che (anche se magari inizialmente si era partiti con più che buone intenzioni) trasformano l’autogestione in un’idea che fa accapponare la pelle ai prof ogni volta che aleggia nell’aria.

Non è stata riservata solo agli studenti, bandendo i docenti dall’edificio come lebbrosi, e neanche la dimostrazione che non siamo in grado di organizzarci.

Non è stata un’occasione in cui ognuno si è autogestito, cosa che facciamo più o meno tutti i giorni anche solo scegliendo se mangiare per colazione uno yogurt o croissant e cappuccino, girovagando per la scuola come si farebbe in una giornata di ozio totale, insomma un’occasione di “mero svago” come si temeva.

Non è stato un modo per intrattenersi avendo per un po’ fra le mani quella scuola che per il resto dell’anno viviamo con la massima passività.

Allora sono stati nemmeno 3 “soliti” giorni di scuola, dietro banchi e cattedre, e in ogni caso che di AUTO non hanno proprio niente? No, nemmeno questo.

Ma allora cos’è stata?

È stata un’occasione sfruttata fino in fondo, che ha voluto essere un esempio di organizzazione diversa, un modo per mettersi in discussione insieme agli altri.

È stato un momento per confrontarsi non solo per noi ragazzi, ma anche per i professori,  per cooperare e scambiarsi opinioni, ma anche per guardarsi in un contesto diverso, senza essere separati dall’autorità della cattedra.

È stata la dimostrazione che riusciamo a gestirci non solo come singoli, ma anche come gruppo, che anche noi vogliamo partecipar in modo attivo alla vita a scuola, contribuendo a trasformarla e a migliorarla.

È stato qualcosa che ci ha permesso di metterci in gioco, tirare fuori idee e metterle in pratica per rendere un po’ meno noiosa e più divertente la realtà della giornata scolastica.

È stata una scuola diversa, realizzata dal nostro punto di vista, senza escludere quello degli altri.

Insomma, anche se chi bighellonava per i corridoi o giocava a risiko non mancava, possiamo dire che è stato un esempio originale di quello che, in fondo, dovrebbe essere la scuola: uno scambio fra generazioni. Uno scambio di idee, opinioni conoscenze ed esperienze.

E allora direi che, senza dimenticarci che si può sempre migliorare, possiamo davvero farci un più che meritato applauso!

 

Federica Baradello (2F)

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