Facebook come la chirurgia plastica

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Comunicare al giorno d’oggi non è mai stato così facile. Si è partiti attorno al 1854 quando Antonio Meucci ha inventato uno strano apparecchio, il “telefono”, per parlare tra persone in posti diversi; poi negli anni ’80 sono arrivate quelle scatolette, all’inizio grandi come 24ore, per comunicare quando si è a zonzo. Qualche anno prima i computer cominciavano a spuntare nelle nostre case, e più tardi con l’avvento di Internet si diffuse l’uso dell’“elettronic-mail”, la nostra cara e-mail.

Una prima fan di questo nuovo modo di comunicare fu la regina Elisabetta II, che nel 1973 spedì il suo primo messaggio di posta elettronica. A partire dagli anni ’90 in poi, la mania comunicare con l’intero mondo ha subito un’impennata preoccupante. Chat, MSN, Facebook, Skype, Twitter e chi più ne ha più ne metta.

Molti esperti sono fortemente allarmati da questa evoluzione, preoccupati dall’evanescenza di contatti che molto spesso si esauriscono dietro allo schermo di un computer o di un telefonino. Per non parlare poi dei grammatici e dei professori di italiano, quasi disperati di fronte alla scarnificazione della lingua italiana, che purtroppo comincia ad affiorare anche nei compiti in classe. Perfino la Gialappa’s Band lancia un allarme con una splendida(e geniale) lettera al popolo degli SMS, chiedendosi “che fine farà la nostra lingua? Non solo quella aulica di Dante e Manzoni ma persino quella più prosaica e vernacolare di Totti e Di Pietro”. Insomma tutta questa ansia di comunicare proprio non va. Ma è veramente così? Chat e SMS rappresentano davvero una minaccia per la comunicazione nella società di oggi?

Sicuramente ne modificano le forme. Un esempio lampante è il continuo fiorire di comunità virtuali, che da un lato concorrono a mantenere rapporti tra persone distanti, ma dall’altro creano uno spazio ambiguo in cui non sempre vi è una netta distinzione tra dimensione pubblica e privata. Basta aprire la homepage di Facebook, al momento il social network forse più gettonato, per capire che qui il concetto di privacy è tutta un’altra storia. Lo stesso Facebook nella sua informativa dice che “non possiamo garantire che le tue informazioni saranno visualizzate solo da persone autorizzate. Allo stesso modo, non possiamo assicurare che le informazioni che condividi non diventeranno di dominio pubblico”. Ma allora perchè milioni di persone amano e frequentano assiduamente questa nuova dimensione di comunicazione? Secondo Massimi Canevacci, docente all’Università La Sapienza di Roma, Facebook, come altri social network, favorisce la formazione di identità parziali, diverse da quelle reali, ma non del tutto inventate. Su Facebook infatti possiamo scegliere quali informazioni su di noi vogliamo che si conoscano, possiamo “modificare” la nostra identità come più ci piace. Un po’ come la chirurga plastica, Facebook ci permette di “ritoccare” qualche parte di noi che proprio non ci va a genio, illudendoci di diventare “perfetti”.

 

 Ilaria Pasin (3C)

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