“I figli della mezzanotte”: una metafora storico-esistenziale

Tempo di lettura: 3 min

 

“I figli della mezzanotte” è un romanzo molto interessante per lo stile di scrittura e l’originalità della trama. L’autore, Salman Rushdie, unisce racconto di formazione e romanzo storico, la politica e una componente fantastica, rappresentata da personaggi quali guru, streghe, incantatori di serpenti ed indovini che rappresentano le credenze e le superstizioni presenti nella cultura orientale.

L’autore utilizza anche molte figure retoriche. La figura retorica dominante è la metafora, che unisce continuamente la storia del protagonista Saleem a quella del suo paese, l’India, come è dichiarato nelle prime pagine del romanzo. Questa metafora gli permette di viaggiare con la mente rievocando situazioni vissute in prima persona e di fantasticare sul suo passato che scopriremo non appartenergli del tutto. Essa è evidente nel continuo richiamo all’enorme naso di Saleem a cui l’autore attribuisce una postura simile a quella di un elefante, in omaggio al Dio Ganesh (figlio primogenito di Shiva e Parvati, che viene raffigurato con una testa di elefante provvista di una sola zanna, ventre pronunciato e quattro braccia, mentre cavalca o viene servito da un topo, suo veicolo).

Rushdie presenta le sue innumerevoli visioni del passato mediante una specie di chutnificazione della storia. Ossia, Rushdie attraverso la metafora del chutney (una conserva costituita da frutta o verdura cotte in una base di aceto e zucchero, quindi agrodolce, in cui l’ingrediente principale viene esaltato con la giusta miscela di spezie ), paragona il processo narrativo della sua storia a quello culinario della preparazione del chutney. Infatti Saleem, voce narrante del romanzo, nelle prime pagine afferma che i principali ingredienti che compongono la sua ricetta letteraria sono eventi, idee, ricordi, e tutto ciò è però alterato dalla sua soggettività e dalla sua inaffidabilità.

L’uso delle metafore quale forma narrativa ricorre in diverse parti del libro, quali la lamiera forata, che rappresenta la realtà e il rapporto dell’individuo con il resto del mondo, il lenzuolo perforato, che dà il titolo a uno dei primi capitoli del libro e indica l’impossibilità di guardare il mondo per intero, ma anche il passaggio dal dentro al fuori, dalla propria patria ad un territorio straniero.

Rushdie nel suo racconto deforma i principali eventi storici dell’India. La storia svolge una funzione di sfondo all’interno del romanzo, è a grandi linee la stessa che studiamo sui libri di storia ma non è presentata come un dato oggettivo perché ogni individuo presente nel racconto compie una propria esperienza personale degli eventi che accadono su scala mondiale e nazionale.

Alcuni avvenimenti vissuti in prima persona dal protagonista vengono presentati in modo completamente soggettivo. Infatti la guerra indo-pakistana avvenuta nel 1965 ha per Saleem lo scopo di cancellare dalla faccia della terra la sua famiglia. Inoltre a causa della sua persistente soggettività vi è la deformazione di alcuni personaggi politici quali Indira Gandhi, denominata la “Vedova” e rappresentata come una donna senza scrupoli che ha ordinato la sterilizzazione di tutti i bambini della mezzanotte. Ho quindi l’impressione che il narratore voglia presentare al lettore la propria visione della storia, la cui realtà è dunque filtrata attraverso i suoi occhi.

Il tema più ricorrente nel romanzo è quello della memoria. L’autore crea un’ampia analessi e attraverso la memoria compie un vero e proprio studio del passato rivisitando in chiave piuttosto fantastica il cammino dell’India del Novecento. Infatti Saleem, protagonista e narratore, per raccontare la storia si serve di continui flashback, mescolati ad allusioni e miti.  Il protagonista si affida sempre alla memoria e di conseguenza non esiste un ordine cronologico lineare, perché i tradizionali piani temporali e spaziali vengono sconvolti passando durante la narrazione dal presente al passato e viceversa a seconda di come le idee e i ricordi appaiono alla mente di Saleem.

Oltre alla memoria, un altro importante elemento è l’immaginazione, l’elemento che permette all’autore di abbandonare la dimensione reale per compiere continue incursioni in un mondo fantastico dominato dalla magia e dall’illusione. Grazie all’immaginazione infatti Saleem, in seguito all’incidente nel cassone del bucato di casa, viene dotato di poteri telepatici che gli permettono di dialogare con tutti gli altri bambini nati durante la notte dell’Indipendenza, ed è grazie all’immaginazione che Saleem riesce a ritornare in India in un cesto magico, che lo fa diventare invisibile grazie all’aiuto di Parvati la strega, e che Shiva ha le ginocchia così forti che gli permettono di uccidere. Nel romanzo vengono presentate, poi, diverse problematiche quali le differenze culturali, le migrazioni di massa e l’integrazione, attraverso il racconto delle vicende dei protagonisti, in particolare di Saleem.

 

Marta Baschenis (2B)

 

174420cookie-check“I figli della mezzanotte”: una metafora storico-esistenziale