“Il signore d’oro” di Vivian Lamarque

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Fino a quel momento avevo letto abbastanza libri, tanti, ma assolutamente non troppi. Trovavo alquanto noiosa la lettura. Le parole, stampate su fogli condannati ad un unico destino, scorrevano sotto i miei occhi cercando di raccontarmi e di farmi interessare alle vicende di un fantastico re o di un prodigioso eroe. Mi stufava dover continuare a dar retta sempre ai soliti termini, ed ero così stanca di andare avanti con la lettura che non mi accorgevo di quello che succedeva nel sottile spazio che intercorreva tra i miei occhi ed il libro. Leggendo questo testo, un racconto di mini poesie che hanno come soggetto vari signori nello spazio, la mia opinione ha iniziato a cambiare. All’inizio, leggendo il primo racconto, ho solo pensato a quanto potesse essere strana la scrittrice, e mi sono chiesta se si rendeva conto delle assurdità che scriveva. C’era qualcosa, però, che attirava la mia attenzione. Decisi di proseguire e mi accorsi, man mano che andavo avanti, che stavo iniziando a ridere. Scorsi, tra lo spazio vuoto che lasciavo tra me ed il libro, che le parole si stavano prendendo gioco di me, in grandi e lussuose feste si burlavano del lettore e dei personaggi stessi, credendosi superiori al mondo. Da quel momento, qualcosa scattò in me, e iniziai a competere con me stessa per provare a capire sempre qualcosa in più di quella strana materia chiamata letteratura. Ovviamente la mia ricerca non è ancora terminata e, prestando ascolto alle parole dei grandi saggi della terra, non finirà mai. Anche questa sarà una presa in giro?

Maria Basso (3F)

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