Intervista a Tony Laudadio … in diretta dal Carignano

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Tradimenti - Tony Laudadio e Nicoletta Braschi

Tradimenti - Tony Laudadio e Nicoletta Braschi

Martedì 17 Novembre eravamo tra i fortunati che, seduti comodamente in settecenteschi palchetti del Teatro Carignano, hanno assistito allo spettacolo “Tradimenti” di Harold Pinter interpretato da Nicoletta Braschi, Tony Laudadio, Enrico Ianniello e Nicola Marchitiello. Grazie alla mediazione di quest’ultimo, che ci è venuto a trovare a scuola il giorno successivo, abbiamo fatto avere una serie di domande alla compagnia che hanno trovato una rapida e gentilissima risposta. Qui di seguito vi proponiamo il contributo di Tony Laudadio (semplicemente perfetto nei panni di Robert – ndr).

 

Quali sono le sensazioni percepite dal pubblico quando si recita, soprattutto in un teatro come il Carignano in cui l’atmosfera sembra davvero “familiare”?

Le sensazioni sono molteplici ed è molto complesso descriverle. Il Carignano è un teatro formidabile sia per il suo caloroso abbraccio, sia per l’acustica, sia per il pubblico che normalmente lo frequenta. Sono stato molto felice

di sentire una grande partecipazione, un’attenzione profonda e complice. Le sensazioni nostre sono poi diverse sera per sera e tengono spesso conto anche delle differenze che ogni singola recita comporta su noi stessi e sul pubblico.

 

Quali fattori determinano la scelta di un testo da mettere in scena piuttosto che un altro?

 

Innanzitutto, per quanto mi riguarda, il desiderio di confrontarsi con personaggi complessi e sfaccettati, che consentano un lavoro di scavo e di raffinata conoscenza dell’animo umano. Si deve però tener conto anche di fattori pratici: il numero degli attori, la tipologia degli attori con cui si vuole lavorare, la volontà e la comunanza di vedute col regista, le opportunità produttive.

 

Siete per rimanere sempre fedeli ad un testo (come nel caso di Tradimenti) oppure nasce spontaneo il desiderio di intervenirci sopra “personalmente”?

 

In genere facciamo un lavoro di scavo sempre nella direzione scelta dall’autore. Siamo fedeli ma solo al testo e non alle sue precedenti messe in scena.

 

Quante ore al giorno si dedicano alle prove sul palco e quante “davanti allo specchio”?

 

Nel periodo delle prove si possono passare fino a otto ore a lavorare sulla messinscena. Davanti allo specchio molto poco, ora. Forse di più nei primi anni di carriera.

 

C’è un qualche aneddoto simpatico avvenuto dietro le quinte, o sul palco stesso, durante una rappresentazione, per la serie “The show must go on”?

 

Ne accadono continuamente. Ogni sera c’è qualcosa di curioso, dietro le quinte, ma con una compagnia molto professionale, come la nostra, raramente questo si percepisce dall’esterno. L’ultimo poco tempo fa quando un nostro compagno attore, durante un veloce cambio di costume, stava per finire a gambe all’aria tirato da un lato dalla sarta e dall’altro dal direttore di scena.

 

Qual è il suo rapporto con la notorietà?

 

Non sono noto.

 

Come è nata la vostra compagnia?

 

La mia si chiama OTC ed è nata dal desiderio mio e del mio socio Enrico Ianniello, di avere la libertà di scegliere i nostri lavori, senza sottostare a scelte altrui. Ci siamo messi insieme e abbiamo cominciato a fare le nostre cose, in piccolo, senza soldi e senza spazi. Poi siamo cresciuti.

 

Quanta voce in capitolo ha un attore sulle scelte del regista o dello sceneggiatore?

 

Nessuna, se non è parte del progetto fin dall’inizio. Se è una compagnia

unità, ovvero un gruppo, allora ne ha molta.

 

Qual è il vostro ruolo “ideale”?

 

Non esiste

 

Se potesse scegliere con che attore o/e regista recitare (magari anche già scomparso), su chi ricadrebbe la scelta?

 

Peter Brook

 

Come riesce a conciliare lavoro e affetti, visto che il palcoscenico porta sovente lontano da casa?

 

Con grandi sforzi e grandi sacrifici.

 

 

a cura di Carlotta Monge, Anna Aglietta (3C)

 

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