L’incredibile diventa credibile

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Bandiera della pace“Uomo, fabbrica, armi”, all’epoca tre parole e un percorso solo. Mentre oggi tre parole e due percorsi. Tre parole inquietanti che, solo a sentirle, fanno pensare a qualcosa di negativo come guerra e morte. Però la differenza tra ieri e oggi è l’utilizzo di queste tre parole. Una volta il pensiero era produrre armi per la guerra. Oggigiorno invece queste tre parole che sono state levigate col passare degli anni hanno dato origine al SERMIG.

Tutto cominciò nel 1964, quindici giovani e un sogno comune che li legò e li rese uniti e forti per sempre. Questo sogno era sconfiggere la fame nel mondo. A prima vista apparve come una cosa utopistica, ma col trascorrere del tempo una parte di questo sogno diventò reale.

All’epoca serviva a quei quindici giovani una struttura dove poter costruire il proprio sogno. Non c’erano molti edifici disponibili, allora nel 1979 mandarono una lettera al sindaco di Torino per farsi dare un’antica fabbrica di armi in disuso, ossia l’ex arsenale militare. Non ebbero risposta per quattro anni. Nel 1983 il sindaco gli permise di usare solo una piccola parte di questa enorme fabbrica a patto che i giovani se avessero voluto ristrutturarla avrebbero usato i progetti comunali.

Per sistemarla ci voleva un miliardo di lire, al tempo una cifra impossibile per poter esser raggiunta da quindici giovani. “Un sabato e una domenica: 10 muratori, 120 ragazzi, 50.000 mattoni e i muri dell’arsenale che crescono rapidamente.” disse uno di questi giovani, Ernesto Olivero.

Questi giovani riuscirono a trasformare con le proprie mani la più grande fabbrica di armi d’Italia a Torino in una casa di accoglienza per i senzatetto.

Oggi questo luogo che occupa circa quarantamila metri quadrati si conosce come SERMIG, SERvizio MIssionario Giovani, o Arsenale della pace.

Il motore di questa istituzione sono i giovani che prestano un’ora alla settimana di volontariato. Viene visitato anche dalle scuole per far capire ai ragazzi come da poco si possa fare e dare tanto.

Ma facciamo un viaggio attraverso le mura per scoprire la realtà del SERMIG insieme alle classi dell’Umberto I.

Appena entrati ci troviamo in un cortile rettangolare con dimensioni moderate. La prima impressione sembra di non essere in una fabbrica perché non si vedono forni e armi.

A destra c’è una stanza con un grande masso che viene raggiunto da una piccola goccia che ogni quattro o cinque secondi cade dal soffitto. Sul muro troviamo scritto “sasso della compassione”. Il masso rappresenta il mondo e la goccia ogni giovane che fa qualche atto di bene, infatti come tante gocce posso modificare il masso così tanti giovani possono modificare il mondo. Basta crederci! Questo, in seguito, è stato lo spunto di altri tanti giovani per continuare a fare volontariato.

A metà cortile vi è una aiuola con tre specie diverse di alberi e dei massi per darti una sensazione di tranquillità che cinquanta anni prima non c’era.

Andando oltre troviamo un pezzo di muro, mezzo abbattuto con scritto di fronte “la bontà è disarmante” e di lato cento trentasei paesi del mondo. Ciò significa che il SREMIG ha messo in atto in tutti quei paesi almeno un progetto che può essere un pozzo, un acquedotto, una scuola, ecc.

Continuando il percorso veniamo accolti in una sala, detta “sala della pace” nella quale ci hanno spiegato come è nato, che cosa fa e che cosa è il SERMIG. Per spiegarci queste cose ci hanno fatto guardare un video molto significativo fatto dai ragazzi missionari.

Proseguendo il corso della visita arriviamo in uno stabile dove ci sono i dormitori, la mensa e il centro medico. Ma prima di giungere lì passiamo attraverso piccole vie ancora con le vecchie grandi tonde lampadine tenute da un corpo di metallo che parte dal muro e arriva sulla lampadina a forma di disco.

Il dormitorio è composto da undici stanze di quattro posti letto ciascuna in modo da far sentire a proprio agio quelli che vengono ospitati. Le stanze sono tutte di colori vivi, caldi in modo da essere più confortevoli e accoglienti.

Tornando verso l’entrata ci hanno fatto vedere anche una piccola cappella dove si va a pregare quattro o cinque volte al giorno. C’è un’enorme croce fatta con i vecchi pezzi di legno crollati dal soffitto. Non è come una croce tradizionale, ma è molto particolare e simbolica. Si chiama “la croce dei dolori del mondo”. Non ha il cristo crocifisso, ma ha tanti chiodi di diverse dimensioni dai quali esce vernice rossa e ha anche dei buchi da cui esce vernice bianca. La vernice rossa rappresenta il dolore, mentre quella bianca il dolore tolto, superato.

Dopo di che la guida ha diviso in due parti il gruppo e ha fatto fare ai ragazzi un gesto di contributo. Il primo gruppo ha portato in una stanza molto grande tutti i vestiti e il cibo che venivano scaricati li davanti per essere riutilizzati. Mentre il secondo gruppo in quella stanza ha smistato gli indumenti e il cibo e li ha inscatolati.

Dopo quasi un’oretta siamo andati in un’altra stanza dove per concludere la giornata abbiamo fatto la “merenda dei popoli”. In questo gioco ogni ragazzo pescava da un sacco uno stato e doveva pensare di essere nato nello stato preso casualmente. Poi si distribuiva il cibo in base alla realtà, ad esempio chi aveva pescato l’Italia aveva quattro fette di pane mentre chi aveva preso il Burundi aveva un pezzetto piccolo di pane. Questo non per discriminare certi stati ma per far capire quanti stati al mondo soffrono la fame, infatti su cento ragazzi presenti solo otto di loro avevano quattro o cinque fette di pane mentre gli altri novantadue avevano solo un misero pezzetto.

Con una fetta di pane si poteva sfamare dieci stati. Questo dovrebbe far capire ai ragazzi di non sprecare niente perché con gli sprechi dell’Italia si potrebbero sfamare dieci stati del terzo mondo.

Alla fine tutti hanno potuto mangiare fette di pane con marmellata e patatine proprio perché, essendo la merenda dei popoli, tutti avevano la stessa quantità di cibo.

Con mille emozioni l’avventura finisce qui ma la volontà di aiutare gli altri prosegue senza avere una fine, questa visita è un’occasione da non perdere, per chi volesse contribuire o avere informazioni visitare il sito www.sermig.it

 

Massimiliano Peruzzi (3E)

 

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