Messaggi e linguaggio

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Un recente studio riguardo il linguaggio dei giovani ha dimostrato che nelle loro conversazioni tramite telefonino e internet, per mezzo di msn o facebook, le parole utilizzate sarebbero circa una ventina. Questo strabiliante fatto ha fatto nascere la definizione “generazione venti parole”. Ormai i ragazzi comunicando tra loro abbreviano qualunque parola, riducendo al minimo i concetti che vogliono esprimere; questo li porta inconsapevolmente a perdere la capacità di esprimersi correttamente ed è ciò che si vede quando a scuola è richiesta la produzione di un testo. Spesso questo è pieno di errori grammaticali, orrendi, dovuti appunto al non essere abituati ad utilizzare un maggior numero di parole. Questo fenomeno è stato osservato in Inghilterra da un po’ di tempo, ma anche l’attuale situazione in Italia è preoccupante. Le più comuni abbreviazioni utilizzate sono “tvb” per dire ti voglio bene, “xkè” per perché o “xò” per però. Questo non è triste? La nostra lingua è bella proprio in sè, per il suo lessico, per la sua ricchezza di vocaboli; perché dobbiamo “sotto utilizzarla”? Questo fatto dell’esprimersi in termini abbreviati è in primo luogo dovuto a ragioni economiche, infatti il messaggio ha una lunghezza ridotta, quindi per farci stare ciò che vogliamo comunicare all’altra persona dobbiamo abbreviare il più possibile il testo perché se raggiungessimo la soglia delle parole possibili dovremmo pagare l’invio di ben due messaggi. Il secondo motivo è una questione di tempi. Spesso siamo di fretta e abbiamo urgenza di comunicare con un’altra persona e questo ci porta all’abbreviazione per diminuire il tempo di scrittura del messaggio e inviare il più presto possibile il nostro testo. Ma questo non è giustificabile; a mio parere dovremmo cercare di scrivere in una forma più completa senza alcuna abbreviazione perché se perdiamo l’abitudine di scrivere in modo corretto, ogni volta che dobbiamo scrivere un testo, ad esempio un tema, o elaborare un documento di lavoro o studio, ci potremmo trovare in una situazione ridicola: pochezza di linguaggio sommata ad errori grammaticali. I nostri minimi gesti e abitudini quotidiane influiscono sul nostro modo di fare ed a volte non si pensa alle conseguenze dei propri comportamenti.

Marta Baschenis (2B)

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