Riflessioni ad alta voce – Seconda parte

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Nella nostra realtà

Ma la nostra realtà? I due principi fondanti hanno scelto di scindersi di manifestarsi separatamente, dando un margine di spazio, che coincide con la nostra stessa esistenza. Tempo e Verità si ricercano ,come due amanti separati, ma non possono mai ricongiungersi poiché questo mondo può esistere solo in funzione di una loro presenza differenziata ma sempre promiscua. Devono manifestarsi necessariamente come entità distinte ma, anche se in minime quantità, sempre presenti, la loro mutuale simbiosi è ben lontana da essere paragonabile alla sovrapposizione, sono due esseri scissi.

 

La Verità è luce, un sole caldo ma inestinguibile, sotto i suoi raggi tutto si appalesa e si manifesta nella sua unicità: non ci sono dubbi, le cose semplicemente sono se stesse e null’altro da quel che appaiono. Tuttavia questa situazione è transitoria poiché il Tempo, nel suo lento incedere, ricopre tutto di una rassicurante oscurità, un manto sotto il quale avvengono i cambiamenti, la realtà si può muovere ed essere così diversa dal passato. La Verità non è più unica ma relativa, diversa istante per istante. Il movimento da uno stato ad un altro coincide con la nostra imperfezione e con la nostra esistenza: l’uomo perfetto non si muove, l’uomo perfetto non esiste.

Ma tra questa luce e questa ombra, che per definizione non possono mai essere assolute, come ci si può muovere? Ci si deve scagliare come Al in una crociata per riportare la realtà sotto la luce della Verità, oppure consolarsi nella galanteria del Tempo che permette di sbiadire il passato, di creare una verità relativa e meno dolorosa? Forse è sufficiente capire che nulla sfugge a questa contrapposizione, essa va compresa, accettata, anche dagli animi desiderosi di assoluto, e sulla base di questa realtà descritta da un insieme di luci ed ombre si deve ridefinire ciò che prima era stato contrassegnato da una fittizia assolutezza.

Così io, amante degli estremi, del vero, mi rendo conto, come Al, che non si può negare l’importanza del relativo, la forza esercitata dalla galanteria del Tempo, capisco che qui, un’armonia dei due amanti non è possibile ma tuttavia è necessario ritrovare un equilibrio. Così Al tornerà in patria, arricchito dalla consapevolezza che il suo bisnonno fu, sì fautore della sua fortuna, ma anche protagonista di un terribile abbandono. Questa è solo la Verità.  La galanteria e l’oscurità del Tempo gli permettono altresì di conciliare le diverse nozioni accumulate nei riguardi dell’avo. Nella sfumatura temporale egli non fu né un santo da idolatrare per i suoi meriti compiuti negli States né un criminale colpevole di efferatezze in patria, nel Tempo e nella Verità fu semplicemente un uomo normale che si macchiò di colpe, così come si contraddistinse per i suoi meriti.

 

Senza assoluti, ridefinizione di amore e amicizia

 

  E allora, avendo abbattuto gli assoluti ed avendo sanato le controversie di una personalità contraddittoria come quella di Alfio nel grande fiume della normalità viene spontaneo chiedersi cosa esista di assoluto. In un mondo dove il Vero ed il Tempo non coincidono nulla è perfetto, nulla è riconducibile ad un principio di assolutezza. Nessun uomo, per quanto si sforzi, non conoscerà mai la Verità, nessun uomo vivrà mai l’eternità e nel tempo sarà sempre mutevole e mai uguale a se stesso. E cosa resta del sentimento assoluto per eccellenza, cosa resta dell’amore? Mi trovo costretto a ripensare quello che per me era la sua definizione.

Pensavo all’ amicizia e all’ amore come alla semplice sfumatura di uno stesso concetto: l’amore non era altro che amicizia assoluta contraddistinta dalla volontà di comprendere la persona amata in ogni sua sfumatura e dalla capacità di provare esattamente i suoi stessi sentimenti, era una sorta di compenetrazione totale, una sovrapposizione impossibile in questo mondo. Ne ho dedotto che solo l’amicizia può manifestarsi con le qualità suddette ma non assolute: l’amico va capito, compreso e nel suo sentire, ci si deve immedesimare in lui, tuttavia ciò avviene con naturalezza senza la ricerca di un’ estremizzazione. Per contro l’amore si avvale di questo sentimento positivo e conforme all’assenza di assoluti di questo mondo come scudo per soddisfare una mancanza tipicamente umana. Noi ricerchiamo la perfezione di cui siamo privi nel sentimento amoroso! La persona amata si scinde in due esseri, uno appartenente a questo mondo e verso il quale è possibile ancora provare il sentimento di amicizia ed uno immaginario e trascendente, teso al mondo delle idee. Esso è amato perché perfetto, si trova nel mondo dove gli assoluti esistono e dove Tempo e Verità coincidono in un’unica entità. L’amore è assoluto perché ha per oggetto un assoluto, l’amore così inteso è sostanzialmente incompatibile con la realtà in cui ci muoviamo. Ma ciò che si ama è semplicemente la sublimazione effettiva delle qualità della persona amata? Non interveniamo forse personalmente a modificare, ad aggiustare, a rendere perfetto ai nostri occhi ciò che perfetto non è e non può essere? Il processo di “assoluzione” che slega l’essere amato dalla nostra realtà è permeato da un fortissimo egoismo! Noi, fautori di questo processo, trasferiamo in quest’immagine assoluta i nostri reconditi desideri, adattiamo questo fittizio essere ai nostri bisogni, lo facciamo aderire alle nostre esigenze così come un vestito realizzato su misura.

L’amicizia supera l’amore solo nella sua innocenza e compatibilità con la nostra realtà tuttavia essa, quasi per ironia della sorte, soccombe alla forza del sentimento generato dal bisogno di assoluto e dall’egoismo.
E quindi, negare l’amore? Impossibile. Solo la consapevolezza di questa frattura, muro invalicabile tra i due sentimenti può aiutarci nella ricerca dell’equilibrio. Ora siamo in grado di assumerci le nostre responsabilità, di distinguere ciò che può sembrare simile. Possiamo (o forse dobbiamo) farci carico delle nostre colpe per tutte le volte in cui abbiamo sovrapposto i due sentimenti, dobbiamo agire nella Verità di questa distinzione, confortati dal fatto che il Tempo ci permetterà di evolvere. Abbiamo scisso l’oggetto di amicizia e amore eppure continuiamo a convogliare sulla stessa persona entrambi sentimenti. Dobbiamo negare ciò che abbiamo creato per soddisfare noi stessi e vedere cosa resta. La scottante Verità farà luce nell’istante stesso in cui noi vorremo renderci conto del nostro operato, ciò che vedremo comunque si manifesterà, terribilmente insostenibile o accettabile sarà  comunque attenuato dal nostro Tempo, il galantuomo capace di sanare le ferite. Infine vi è colpa per noi “assolutisti”? La colpa si appalesa con la consapevolezza della nostra erronea confidenza in un sentimento estremizzato. Se non saremo pronti nel renderci contro del nostro errore ingigantiremo le nostre colpe.

Sto allora negando l’amore? Lo sto privando della sua funzione? Non è il mio scopo, vorrei solo operare una distinzione tra due sentimenti che spesso vengono sovrapposti: l’amicizia è lo scudo dietro il quale si nasconde un amore non corrisposto o non corrispondibile. Due amanti reciprocamente si rendono assoluti, come in un gioco di immagini creato da due specchi posti l’uno di fronte all’altro, rielaborano il processo di “assoluzione” creando così una realtà parallela, una realtà di assoluti, confidenti l’uno nel sentimento dell’altro. Ma se ciò non accade, se l’amore è a senso unico? Chi aggiunge amore all’amicizia consapevole della sua azione e della mancata corrispondenza agisce per egoismo, per nutrirsi del sentimento amoroso,  che, per quanto doloroso, è implacabile nella sua forza. Questo amore, la più dolce delle tirannie, è un potere a cui ci si sottomente con piacere, non differisce molto dalle sostanze che creano dipendenza: altera la nostra percezione del mondo, di noi stessi, della persona amata. Il detentore del potere non è altri che l’immagine assoluta, l’oggetto del nostro amore: ci sottomettiamo a qualcosa che non esiste ed agiamo  falsamente, senza averne il diritto. Nei confronti dell’essere amato si adotta un metro di giudizio insolito volto a fornire un’immagine di noi che non esiste, un’immagine migliore rispetto a quella reale, un’immagine conforme e perfettamente compatibile con l’ amato/a “sublimato”. Insomma l’amore non corrisposto pretende che anche chi ama si trasformi in un essere assoluto, in un essere che non esiste in questo mondo. La non corrispondenza instaura un circolo vizioso, una degenerazione ed un continuo allontanamento dal mondo. I danni provocati si infliggono sia sul soggetto amante sia sull’oggetto amato.

L’amante, nella sua incessante ricerca di assoluto nega la Verità, immaginandosi un amore non corrisposto, nega altresì il Tempo, credendo che il sentimento duri per sempre, che nulla in lui o nella persona amata possa mai mutare. Perciò invito tutti gli “assolutisti dell’amore” a ridimensionare i loro sentimenti, invito i non corrisposti a fermarsi nei loro vani intenti, invito me stesso a calarmi nella luce del vero e nell’ombra del tempo senza più opporre resistenza.  [Fine seconda parte]

 

Claudio Brasso (5A)

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