Incontrare Massimilla Serego Alighieri è stata certamente un’occasione unica. Oltre a permetterci di celebrare un anniversario importante, infatti, ci ha offerto lo spunto perfetto per riflettere sul suo sommo avo. Sono tante le domande che abbiamo posto alla nostra ospite e ancor di più quelle che – se potessimo – porremmo a Dante in persona. Gli chiederemmo, ad esempio, se immagina di riuscire ad eternarsi sul serio quando dice a Brunetto “m’insegnavate come l’uom s’etterna”. In fondo, capire il potere della scrittura non vuol dire necessariamente essere in grado di piegarlo ai propri fini, specie se sono ambiziosi come quello dantesco. Quindi cosa ha fatto la differenza? Come si scrive un’opera che abbia ancora qualcosa da dirci dopo settecento anni?
Viviamo in un mondo frenetico, sempre impegnati in un’estenuante corsa, in lotta con lo scorrere del tempo. Ed è per questo che l’arrivo di una pandemia ci ha sconvolto, costringendoci a parlare di morte e obbligandoci a rimanere un po’ più soli con noi stessi. Ecco, anche Dante vive una vita piuttosto turbolenta: esiliato dalla sua stessa città, animato da forti passioni, impegnato nello sforzo di rimanere coerente con se stesso. Il Poeta tuttavia trova il coraggio necessario per guardarsi dentro, si osserva con gli stessi occhi con cui impartisce giudizi sul resto dell’umanità e diviene a mano a mano consapevole di non essere esente dal commettere alcuni di quegli errori che rimprovera ad altri. Ma la sua riflessione è molto più di tutto questo. Dante incontra peccatori di tutti i generi e ne riconosce (quasi) a tutti una dimensione umana, nel senso buono del termine. Sì, perché dire di essere umani, soprattutto in determinati contesti storici, significa anche ammettere la propria fallacia, quindi non è così scontato intenderlo con una connotazione positiva. Soprattutto quando si parla di peccatori. È dunque perfettamente comprensibile che il Dante-uomo si commuova di fronte alla storia di Paolo e Francesca; che provi stima per avversari politici come Farinata; che si senta in sintonia con personaggi come Ulisse; o che inveisca contro Pisa dopo aver ascoltato la tragica storia di Ugolino.
E infine cosa c’è di più umano del Purgatorio? La scelta stessa di “inventarsi” un luogo sino a quel momento privo di qualsiasi dimensione fisica –e quindi umana- conferma che davvero parliamo di un’opera a misura d’uomo. Considerarsi dei Santi è praticamente impossibile e pensarsi certamente dannati è sin troppo sconfortante per la maggior parte di noi. E se vogliamo ampliare la riflessione, possiamo dire che in realtà il concetto stesso di un aldilà diviso in Inferno, Purgatorio, Paradiso, cerchi, gironi, bolge, zone, cornici e cieli, racchiude tutta l’umanità della Commedia. È proprio questo che ci accomuna tutti imprescindibilmente. Qualunque sia l’epoca e il luogo in cui viviamo, qualunque morale ci ispiri, questa “umanità” è dentro di noi. È naturale che ci interessi leggere le parole di chi è riuscito a coglierne tutte le sfaccettature, descrivendole con occhio critico e chiarezza, servendosi della poesia e costruendo una nuova lingua. In quanto esseri umani sentiamo l’irreprensibile desiderio di conoscere il mondo e di conoscerci. È ovvio dunque che un uomo che scrive di umanità susciti un sentimento di familiarità e affetto nei suoi confronti: ciò che desideriamo in fondo è comprensione. Non stupiamoci allora di sentire raccontare qualcosa di noi in un’opera immensa come la Commedia.
L’appuntamento con Massimilla Serego Alighieri si è rivelato interessante e piacevole non solo per la curiosità -anche questa tutta umana- di conoscere un’Alighieri vivente, ma anche e proprio per il legame affettivo che sentiamo con il Poeta. Certo, avremmo potuto parlare con un esperto in materia e magari affrontare il discorso da un’altra prospettiva, ma la nostra scelta non è stata casuale. Per i contenuti, al momento, bastano e avanzano i nostri professori. Avevamo bisogno di qualcosa di più autentico. In un periodo in cui ciò che ci manca di più è il rapporto umano, parlare con una diretta discendente di Dante ha toccato la nostra emotività, facendoci sentire un po’ più vicini ad un autore che, nonostante la lontananza temporale, rimarrà attuale in eterno.
Virginia Giaquinta