Parvulum aureum sidus

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Immagine poesia Teppa

Verba imperfecta, sed mihi cara:

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Traductio imperfectior versorum:

Piccola stellina d’oro dimori nei cieli vastissimi, come il Mare di Colchide, navighi da sola, timoniera dei miei occhi, ma lontana. Luce divina, sfioro le tue dita con la mano. Rimarrò sulla terra pesante, anche se vorrei danzare con te, l’immaginazione scala le nuvole e sente il calore delle tue fiamme. Nell’Olimpo erra il mio spirito, ora simile a un Dio. Salendo, carezzo con le labbra il tuo volto celeste.  Sono polvere e ombra, ma ai miei amici dirò di aver toccato, quella notte, una stella immortale col mio casto amore. 

Questa è la traduzione proposta dall’autore. Chi avesse piacere mandi pure la sua versione, arricchirà il breve esperimento poetico.

Volevo, infine, ringraziare il professor Marco Noce, scomparso la scorsa estate, per avermi trasmesso la passione per il Latino. Gli vorrei dedicare la poesia non tanto per i contenuti, quanto per lo “sforzo compositivo” che ci è voluto: senza le sue lezioni questi modesti versi non sarebbero mai venuti alla luce.

 Curate ut valeatis

Stefano Teppa

O mia piccola stellina amata, 

nei cieli immensi come il mar dei Colchi,

mi risplendi d’una luce dorata.

Sola guida dei miei lumi navighi,

ma lassù. 

Lambisco le tue dita, astro divino, 

con questa mano mia di mortale.

Gravato a terra, vorrei con te danzar.

Ma solo con la mente, 

alle nubi mi elevo,

mi tange delle fiamme tue l’ardor.

Sull’Olimpo, cercando te, già diva,

erra la mia anima.

E salendo bacio 

le labbra, del tuo volto stellina.

Son polvere e ombra, ma amici dirò,

di aver quella notte eterna una stella

col mio amor passionale blandita.

traduzione di Victor Richiardi

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