Un’intervista… possibile
Arriva, si siede, dà un’occhiata volutamente strafottente in giro, abbassa il volume dell’ I-pod, masticando un chewing-gum, dice “Cosa vuoi?”. Si chiama Gabriele, ha 17 anni ed è l’ emblema dell’adolescente moderno. È vestito con jeans stretti, una maglietta nera con un disegno rosa e una felpa con le paillettes.
Gli chiedo: “Perché sei vestito in questo modo?”
“Perché sì, questi vestiti li hanno i miei amici e poi … minchia non posso andare in giro come un cabinotto.”
Lo provoco: “e chi sono i cabinotti?”
“ Massì, sono quegli sfigati che girano con la camicia e la felpa di Jack e che credono pure di essere fighi!”
“Jack?”
“Sì, un negozio dove un paio di calzini costa 50€”
“E tu cosa sei, se non sei un cabinotto?
“Sono un tamarro, non lo vedi?”
Questi neologismi mi affascinano, mi ricordano le tribù dei pellerossa.
“E la scuola?
“Una perdita di tempo… non si fa un cazzo di interessante e non si impara nulla di utile, ma almeno ci sono gli amici.”
“Ne hai tanti? Cosa fai con loro?”
“Sì, molti. Nel pomeriggio vado in centro con loro, la sera spesso andiamo in disco e… mi sballo.”
“In che senso ti sballi?”
“Massì, mi bevo 3 o 4 cocktail… una pastiglia e via…”. Dallo sguardo malizioso, ho come la vaga sensazione che non si tratti proprio di aspirina. Assumo un’aria vissuta e proseguo.
“Che tipo di musica ascolti?”
“Techno, House, Elettronica:tutto quello che c’è in disco…”
“E cos’è per te le musica?”
“Un sottofondo, un passatempo, ma anche un modo di chiudermi quando i miei rompono”
“Ne deduco che con i genitori tu non abbia un gran bel rapporto…”
“E’ che sono sempre lì a dire cosa devo fare, cosa non devo fare. Si lamentano di continuo della scuola. Non c’è un momento che mi lascino in pace”
“E tu li ascolti?”
“Ma ti pare? Perché dovrei? T’ho detto che non fanno altro che rompere tutto il tempo.”
Si sente il suono di un cellulare e Gabriele, con la solita aria strafottente, tira fuori un telefonino di ultima generazione e inizia a battere freneticamente sui tasti.
Aspetto che finisca e chiedo: “Con gli amici che rapporto hai?”
“Gli amici sono tutto per me, ci passo la maggior parte del tempo e ci scassiamo tutto il giorno”. Ci scassiamo, ho scoperto dopo, significa ci divertiamo!
“E le ragazze, uscite anche con loro?”
“Boh, sì, a volte… ma di solito quando esco con una tipa sono da solo con lei”
“ E per quanto riguarda il lavoro? I soldi che spendi, per esempio, come te li procuri?”
“Al lavoro ci penserò poi… i soldi… me li danno i miei…”
“Della politica cosa pensi?”
“Non me ne frega niente, tanto tutti i politici fanno schifo. Io al massimo vado a qualche manifestazione , ma giusto per tagliare qualche giorno di scuola.” Il cellulare squilla di nuovo, e questa volta è così importante la telefonata da far scappare Gabriele come una scheggia.
Se ne va così, salutando di fretta da lontano. Sono allibito! E’ a gente così che stiamo per affidare il mondo? Poi però ci ripenso. Non è che noi fossimo tanto diversi alla loro età. Ripenso alla mia adolescenza negli anni ’60-’70: gli hippies si “sballavano” con hashish, marijuana e oppio, i conflitti tra i vari gruppi erano all’ordine del giorno, gli amici erano l’unica cosa che veramente contava, le giornate a scuola passavano come attesa dei pomeriggi, anziché ascoltare musica da discoteca ascoltavamo musica rock, che aveva la stessa funzione, gli adulti e la famiglia ci sembravano uno schifo , chiusi nei loro gusci di ordini e consigli. I primi amori iniziavano ad infiammare le nostre giornate, la politica ci sembrava tutta sbagliata. Volevamo cambiare il mondo. Non sapevamo come fare e neanche come lo volevamo, sapevamo però quello che non volevamo. Probabilmente è solo questa stagione della vita che è così strana. E’ in questa età di cambiamenti sia fisici sia psicologici in cui non si può essere considerati bambini, ma tanto meno adulti, che si forma la nostra persona. Influenzata dagli amici, dai quali si ha una dipendenza quasi patologica, per i quali e con i quali si commettono pazzie, ci si diverte, e prima o poi ci si mette in qualche guaio. Influenzata dai primi incontri con l’ altro sesso , che fanno riflettere sui propri limiti, che fanno stare male , ma aiutano a migliorare. Influenzata da una costante ricerca di evasione dalla società degli adulti, cosa che si rispecchia anche nel linguaggio (spesso volgare), nel modo di vestire, nel modo di comportarsi. Si rifiuta in un certo qual modo una società che disgusta ma insieme attrae. Insomma si forma una personalità plasmata sul voler apparire diversi da quello che si è, sul desiderio di essere accettati in una specie di “branco”. Nonostante tutto però l’adolescenza ha anche aspetti positivi: è un tempo di speranza, di entusiasmo, di voglia di novità, un tempo in cui si crede davvero di poter fare le differenza. Un tempo di contraddizioni, di scoperte, ma soprattutto di dubbi: probabilmente la parte più terribile e insieme bella e indimenticabile della vita.
Eugenio Troìa (3C)