La Magna Comitissa

Tempo di lettura: 4 min

matilde-di-canossa-va-incontro-al-vescovo-di-modena-biblioteca-apostolica-vaticana_a50a5731_800x546Nell’Italia dell’XI secolo visse una donna la cui vita venne presa come esempio di straordinaria forza, resilienza e capacità di comando. La sua figura venne circondata da un alone di leggenda già pochi anni dopo la sua morte. Potente feudataria e abile diplomatica, Matilde di Canossa è tuttora una delle personalità più ammirate e studiate del Medioevo italiano. 

Figlia di Bonifacio il Tiranno, membro della famiglia degli Attoni (o Canossa), e di Beatrice di Lotaringia, parente degli Imperatori Enrico III, Enrico IV e di papa Stefano IX, la futura Magna Comitissa nacque a Mantova nel 1046. Il suo biografo Donizone ci fa sapere che fin da piccola si dedicò alla cultura letteraria, come scrisse nella Vita Mathildis:

“Fin da piccola conosceva la lingua dei Teutoni e sapeva anche parlare la garrula lingua dei Franchi”

Già a sei anni dovette confrontarsi con le feroci rivalità feudali: assistette all’assassinio del padre nel 1052 e, l’anno successivo, perse entrambi i fratelli maggiori, probabilmente per avvelenamento. Nel 1054 l’imperatore Enrico III, desideroso di espandere la propria influenza e approfittando della debolezza dinastica dei Canossa, condusse Matilde e sua madre in Germania, ostaggi. Tornarono in Italia poco più di un anno dopo, alla morte del Re dei Romani.

Queste difficoltà non fermarono l’ascesa dei Canossa.

Conscia dei pericoli che poteva correre in quanto capo della famiglia, Beatrice si tutelò sposando Goffredo il Barbuto, potente vassallo dell’imperatore. L’unione portò i Canossa a diventare il casato più potente d’Europa, con possedimenti che si estendevano dall’attuale Belgio all’Italia Centrale.

Matilde venne promessa al figlio del Barbuto, Goffredo il Gobbo, un giovane onesto e coraggioso ma caratterizzato da alcuni difetti fisici. I due si sposarono nel 1069 e, controvoglia, Matilde seguì il marito nei suoi possedimenti tedeschi. Tornò in Italia non appena ne ebbe l’opportunità, incentivata dai problemi incontrati durante la permanenza in territorio germanico: non solo rischiò la vita partorendo una figlia che sarebbe morta dopo pochi giorni di vita, ma venne anche accusata di portare il malocchio. Venne anche tacciata di essere fredda e insensibile, sicché, alla morte del marito, non fece celebrare neanche una messa. Si diffuse la voce di una Magna Comitissa priva di debolezze. 

Lo stesso anno morì anche la madre, la duchessa Beatrice, il che portò la trentenne Matilde a governare un territorio che si estendeva da Tarquinia al Lago di Garda.

Per comprendere gli avvenimenti successivi è necessario specificare che il mondo cristiano stava all’epoca assistendo a quel braccio di ferro tra Impero e Chiesa conosciuto come lotta per le investiture: Enrico IV era stato scomunicato da Gregorio VII e le conseguenze politiche lo indussero a scendere a patti. In questo contesto Matilde mediò fra i due plenipotenziari, Enrico, infatti, si era recato al castello di Canossa, dove il papa era ospite, sperando di poter discutere personalmente con il Pontefice, che, prima di riceverlo, lo costrinse a rimanere fuori dalla fortezza per tre giorni e tre notti, nel mezzo di una bufera di neve, inginocchiato e con il capo coperto di cenere. Solo dopo l’intercessione di Matilde Enrico IV ottenne un colloquio con Gregorio e la revoca della scomunica.

Allo scontro vero e proprio si giunse tre anni dopo: nel 1079 la Magna Comitissa decise che, alla morte, le sue terre sarebbero andate all’Erede di Pietro, in aperto contrasto con tutte le pratiche dell’epoca. Si trattava di una mossa ardita, che aveva il duplice scopo di affermare la propria vicinanza al papato e di provocare Enrico IV. L’imperatore decise di punire il gesto temerario della sua vassalla con una spedizione militare, che si risolse nella vittoria di Matilde a Sorbara nel 1084.  L’azione della Margravia di Toscana si materializzò anche con i tentativi di creazione di alleanze antimperiali, prima con il fallimentare matrimonio con Guelfo V, ricco principe, poi con l’appoggio dei piani di rivolta dei figli di Enrico IV. 

Nel 1090 l’Imperatore scese per la terza volta in Italia, deciso a punire la Chiesa e i suoi alleati, per le loro continue provocazioni: assediò e prese Mantova ma venne nuovamente sconfitto dalla Canossa. I successi ottenuti da Matilde, che pare partecipasse alle operazioni in prima persona, convinsero alcune città italiane, come Milano e Lodi, a schierarsi dalla sua parte. Le vittorie di questa lega antimperiale e una serie di lotte interne alla famiglia di Enrico IV costrinsero quest’ultimo a  lasciare l’Italia. Con il ritiro del Re dei Romani dalla penisola si assistette alla fine di più di 20 anni di conflitto e alla morte dell’imperatore, con la salita al trono del figlio Enrico V, ci fu un’attesa riappacificazione dei rapporti tra Matilde e Impero. La Magna Comitissa morì di gotta il 24 luglio 1115 e, a riprova della sua importanza per la storia della Chiesa, nel 1634 venne sepolta nella Basilica di San Pietro, una delle poche donne ad aver ricevuto questo onore.

Le sue imprese l’hanno resa una delle figure più affascinanti del Medioevo, ammirata e rispettata tanto dai contemporanei quanto dei posteri, a tal punto da essere menzionata da Ludovico Ariosto, quattro secoli dopo la sua morte, nel canto III dell’Orlando Furioso: 

 

“Questo ch’or a nui viene è il secondo Azzo,

di cortesia più che di guerre amico,

tra dui figli, Bertoldo ed Albertazzo.

Vinto da l’un sarà il secondo Enrico, 

e del sangue tedesco orribil guazzo,  

Parma vedrà per tutto il campo aprico:

de l’altro la contessa gloriosa,

saggia e casta, Matilde sarà sposa.”

Jacopo Lupieri

299560cookie-checkLa Magna Comitissa