Red

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redCosa succede quando una ex spia della CIA in pensione, Frank Moses, perseguitato da misteriosi killer decide di rimettere insieme la vecchia squadra di amici e “colleghi” per scoprire cosa sta succedendo, scarrozzandosi dietro la centralinista nevrotica che ha conquistato il suo cuore? E’ un domandone, ma la risposta è semplice: succede che finalmente si ride. Si ride per una commedia senza pretese, nella quale (miracolo di questi tempi) non sono gli effetti speciali i protagonisti del film; si ride di quell’ironia un po’ noir e pulp che il regista, Robert Schwentke, ha assorbito pienamente dall’omonimo fumetto di Warren Ellis e Cully Hamner da cui è tratto “Red”; ma la cosa che fa più ridere in assoluto è il cast d’eccezione: Bruce Willis, Morgan Freeman, John Malkovich eD Helen Mirren, che in questa commedia leggera prendono in giro i personaggi che hanno da sempre interpretato: le spie, gli agenti, forze nascoste (nel bene e nel male) d’America e non solo. Questo è il colpo di genio, questo è ciò che traccia la linea sottile fra un “Red” e l’ennesima mattonata commerciale basata su spy story incomprensibili, affogate in effetti speciali da capogiro e pubblicizzata da qualche faccia nota profumatamente pagata. Vedi: Manuale d’amore 3 ( con De Niro), “La Guerra dei mondi” (con Tom Cruise), “Troy” (con Brad Pitt, Orlando Bloom e chi più ne ha più ne metta) … Film che avranno anche un grande potenziale al botteghino, ma cinematograficamente parlando sono discutibili. Molto discutibili. Questi e molti altri esempi hanno ormai dimostrato che non basta un bravo attore a far miracoli. Ma in “Red” , quella che potrebbe sembrare l’ennesima scelta commerciale è un tocco geniale perchè trasforma l’ironia e la duplica: da un lato il divertimento di vedere Frank Moses, agente in pensione, legare al letto l’amata centralinista per proteggerla e spiegarle che non era così che si era immaginato il loro primo appuntamento, e dall’altro riconoscere nello stesso personaggio il temibile Bruce Willis di “Die Hard”, che lascia gli spettatori (da anni abituati a vederlo macho, spy e immortale) stupiti e divertiti. Per non parlare del pericolosissimo mafioso di “Slavin, patto criminale” (Morgan Freeman) che cerca scuse improbabili per guardare il sedere della sua badante messicana e John Malkovich (l’enigmatico personaggio del film … beh, “Essere John Malkovich”) abbracciato ad un maialino rosa con dentro un cannone a mano. Perché questi attori ormai negli occhi del pubblico SONO spie o quantomeno psicopatici e nessuno più di loro può incarnare alla perfezione il ruolo che gli è stato affidato, potenziandone al massimo l’ilarità. Certo, questo vale per chi ha già masticato un po’ di cinema, ma chiunque alla fin fine può godersi una commedia semplice, lineare, ben recitata e avvincente, che non ha la pretese di non essere più di quel che è: un film azzeccato.

Eugenia Beccalli (5F)

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