Le Notti bianche – Recensione

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La fanciulla ha un amore perduto, ma non il coraggio necessario a scrivergli una lettera. Il ragazzo è un impiegato senza amore.

Fedor Dostoevskij

Fedor Dostoevskij

 

Una notte, nella San Pietroburgo dell’800, il caso fa incontrare una giovane fanciulla, Nàstenka, ed un giovane ragazzo. Quando, durante una delle sue passeggiate notturne, lui vede una fanciulla disperata sulla Fontanka, un canale di San Pietroburgo, non esita ad andarle vicino.

Da questo incontro lei otterrà qualcuno che scriva per suo conto, lui la speranza dell’amore. Ma agendo ciascuno per il proprio fine compiranno una profonda riflessione sulle loro vite, il tutto in quattro notti di veglia.

 

Le notti bianche è stato scritto nel 1848 da Fedor Dostoevskij, il più eccezionale scrittore russo.

È un racconto sentimentale, ma non banale e superficiale come i romanzi moderni dello stesso genere. È molto più leggero ed accessibile di altri suoi capolavori – è lungo solo 80 pagine, contro le 760 de L’Idiota- ma riassume totalmente l’essenza, lo stile e il messaggio dell’autore.

Secondo me, il messaggio di questo racconto è che ciascuno di noi può uscire dalla solitudine solo se ha la capacità di sognare.

Quindi lo consiglio sia a chi a già letto Dostoevskij, sia a chi non ha ancora avuto questo immenso piacere.

 

“Oh, Nàstenka, Nàstenka! Se tu sapessi in quale solitudine mi trovo ora…”

 

Valerio Pace (1D)

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