Scuola, non show

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 Dal 17 marzo la nostra scuola ha sordi occhi pronti a sorvegliare corridoi, entrate e  luoghi di ricreazione. Sono comparsi senza preavviso, senza una comunicazione. Abbastanza bizzarro per un istituto che consuma (e, talvolta, spreca) quasi un milione di copie di carta all’anno. Ogni telecamera installata suscitava sempre più malcontento e sconforto fra noi studenti, che da un giorno all’altro abbiamo visto comparire sopra le nostre teste un vigile sconosciuto e soprattutto indesiderato, creando così un clima di sfiducia e tensione. I motivi erano semplici, quasi scontati: mancato avvertimento e mancate spiegazioni.

Dunque, per tentare di calmare la situazione e spiegare le scelte della Direzione, il Rettore, con tempestività,  ha convocato un’assemblea d’istituto speciale … il 6 aprile. Finalmente c’era l’opportunità di avere un confronto diretto per ricevere le sospirate motivazioni.

Ha aperto l’incontro affermando che il progetto era già stato approvato due anni prima dagli organi scolastici, ed era stato discusso addirittura cinque anni fa. Mi fido ciecamente di tali asserzioni, come altrettanta fiducia è stata dimostrata montando telecamere. Le ragioni sono prevalentemente legate a motivi di sicurezza, su cui certo non c’è molto da obiettare; infatti, fino ad oggi, ci sono state varie intrusioni da parte di esterni all’interno dell’edificio, alcuni dei quali sono riusciti ad addentrarsi fino al convitto femminile con intenzioni evidentemente poco didattiche. Inoltre solo negli ultimi due anni si è verificata una terribile ondata di furti, che è sembrata interminabile (i più recenti sono di pochi giorni fa). Sono stati rubati complessivamente più di 600€, fra lettori MP3, cellulari, contanti e capi d’abbigliamento (per non citare video e computer direttamente prelevati dalla Sala Informatica o dalla Sala Insegnanti). E come dimenticare infine i furti di libri e vocabolari, anche se in molti casi questi stessi si trovano nell’armadietto del proprio compagno di banco. Dunque tutte spiegazioni, quelle della Direzione, comprensibili e accettabili, perché la sicurezza è una delle prerogative di una scuola e se questa venisse meno nessun suo componente si troverebbe a proprio agio (a partire da noi studenti). E’ però qualcos’altro che non torna. Il Rettore ha citato anche una motivazione non del tutto legata alla “questione sicurezza”: quella delle uscite incontrollate durante le ore di lezione o comunque di intervallo pomeridiano, da parte di studenti non autorizzati. Per combattere questi vergognosi e intollerabili crimini, da qualche mese a questa parte solo gli studenti di quinta possono uscire e non tutti i maggiorenni come in precedenza, e se continueranno a essere violate queste disposizioni non sarà permesso più a nessuno di mettere piede fuori dalla scuola durante gli orari predetti.

In più sono state proposte, oltre alle telecamere, altre soluzioni per la sicurezza  del prossimo anno scolastico: la divisione delle entrate, differenziando elementari e liceo, il divieto ai genitori dei bambini di sostare nell’atrio, un migliore dislocamento dei collaboratori scolastici e l’introduzione di un tornello all’interno della portineria “per un passaggio più controllato” di chi va e viene fuori orario. A questo punto proporrei anche un dispositivo di riconoscimento vocale e di impronte digitali così da essere veramente certi di cadere nella totale assurdità.

Tornando poi alle telecamere, ci è stato confermato che sono previste dalla legge e che sono state piazzate in posizioni strategiche come le entrate della scuola in via Piave e in via Bligny, ma anche nei corridoi del secondo piano perché tra Biblioteca e Sala Informatica “a portata di mano” serve un maggiore controllo, soprattutto nelle ore di chiusura-scuola. Controllo. Questa parola ha cominciato a ripetersi di frequente nel discorso del Rettore.  Inoltre ci ha avvisati che “occhi indiscreti” saranno sistemati pure in piccionaia, per ovvi, evidenti, palesi motivi di prevenzione furti.  A questa notizia l’Aula Magna ha mormorato bruscamente, accompagnata da risate sarcastiche e sbuffi demoralizzati. Ma la maggior parte dei presenti non sa che ormai sono molti i ladri dotati di ragnatele che con estrema facilità si arrampicano sui tetti delle case e delle scuole torinesi.

Comunque ci è stato assicurato che non ci sarà un controllo visivo diretto, ma solo registrazioni, salvate in un server e gestite in caso di necessità da una società privata e da una commissione di garanzia della privacy. Le registrazioni hanno un limite di tempo (di norma 24-48 ore), dopo il quale saranno automaticamente cancellate e potranno essere visionate SOLO dopo una denuncia alle forze dell’ordine. Non me ne vogliate, ma …  ogni volta che qualcuno sarà sospettato di essere uscito in un orario non consentito bisognerà andare al Commissariato più vicino e denunciarlo di … boh?!?

Una volta terminato, spazio alle domande degli studenti. Il più rapido ad afferrare il microfono è il Rappresentante d’Istituto Sergio Casto che domanda come mai non ci sia stata comunicazione; il Rettore risponde con calma che era già da tempo che se ne parlava e che si è passati semplicemente ai fatti. Ma quando Casto tocca il tasto finanziario la tensione della risposta è evidente: i fondi erano stati messi da parte da mesi e alternative concrete non c’erano o comunque non sono state proposte.

Eppure noi siamo stati chiamati in causa una sola volta per proporre misure e regole contro atti criminali. Una sola volta. E se quei soldi erano stati messi da parte perché non si è pensato di investirli in qualcos’altro? La nostra scuola pullula di cantanti, poeti, pittori, atleti, musicisti, attori, cinefili, informatici, oratori, ballerini che al posto di essere aiutati materialmente e stimolati nel prosieguo della loro passione sono compressi e oppressi da telecamere, pinguini, totem, fantomatici tornelli e idee perse nelle tasche vuote.

Sono consapevole che la nostra scuola sia un’isola felice in un oceano di confusione e incertezze e che discutere sul miglior utilizzo di fondi sia un privilegio raro, ma non rendiamola un triste cabaret con animali antartici e telecamere come protagonisti. Esisterà solo un braccio di ferro estenuante, un’educazione improntata sulla sfiducia e sull’esagerata cautela, ma soprattutto l’instaurazione di una sorta di “gerarchia del terrore”. Mettere le telecamere significa dichiarare la sconfitta della scuola come istituzione, come base della formazione di un cittadino, e queste parole non sono mie, ma di Francesco Pizzetti, il Presidente dell’Autorità Garante della Privacy!

 

Brando Ceratto (4A)

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