Tua, sempre.

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Cara mamma,

mi hai regalato il mondo e io adesso ho paura di annegarci dentro. Mi piaceva la sicurezza della mia città, dei miei amici, della mia casa. Ma è giusto così, vero? Così forse cresco un po’ più in fretta. Mi hai regalato il mondo, e io ora ho paura di perdermici (e di perdere).

Posso solo immaginare quanto sia difficile per te tutto questo. E non saprei neanche dire se è più dura per me o per te.

Vorrei davvero non deluderti. Tu mi hai dato la possibilità di vivere un’esperienza che in molti possono solo sognare, ma io ho paura. Di non potercela fare, di non riuscire a capirmi, di non scoprire cosa voglio fare e cosa voglio diventare. E diciamo anche che le persone con cui sto convivendo non aiutano, non rendono più semplice questo processo. Anzi. Poi ho paura di non provarci abbastanza (perché lo sai come sono). Ho paura di fare solo finta. Ed ho paura di essere dimenticata. Lo so che è stupido, ma è così. So anche che un anno non è poi così lungo. E se invece non fosse così? Tu mi diresti “allora quelle persone non ne valevano la pena” scuotendo la testa e trovando qualcosa da fare per tenere occupate le mani e non dovermi guardare negli occhi. E io ti chiederei come si fa a capire se è davvero così, o siamo noi a non valerne la pena. E a quel punto alzeresti lo sguardo.

Ma non risponderesti. Perché non siamo capaci di parlare, noi. Ci scriviamo da sempre. Lettere, mail e bigliettini. E lo so che li conservi tutti, da sempre. Li ho visti, nel cassetto del mobile bianco.

Io l’aspetto, quella lettera che mi illumini le idee. Perché tu mi conosci più di quanto chiunque mai farà e hai sempre ragione quando si tratta di me. Perché tu comprendi senza bisogno di parole. E mi spiace se a volte (spesso)sono stata difficile con te, se non ho ascoltato quello che mi dicevi. Ma lo sai che se non ci sbatto la testa non capisco. Io devo fare di testa mia, farmi male e poi venire da te e guardarti come a dire “Sì, avevi ragione, non rinfacciarmelo”.

Grazie di non avermelo mai rinfacciato. Grazie per essere la mia roccia. Per venirmi a recuperare e tirarmi su.

Tua, sempre

G.

 

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