Un vicino un po’ troppo curioso

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giordo ifinestra

Anna:

Uffa, un’ altra giornata orribile, noiosa e monotona che mi porta alla depressione. Allora mi infilo le cuffiette nelle orecchie e salgo sulla metro per tornare a casa. Ho fatto la strada da sola, senza nessuno perché nella mia classe odio tutti. Sono così infantili e patetici i miei compagni, anche se qualcuno sembra più intelligente purtroppo, poi, scopro che questa falsa percezione è probabilmente data dagli occhiali che porta o dai capelli legati.

Non sono un’ asociale, di amiche non ne ho tante, ma quelle poche sono fedeli. Anzi, ora che ci penso in realtà ne ho una decina: Alice…no in realtà  non la sento più da quando ho finito le medie; Luisa, che però ho incontrato l’ ultima volta tre anni fa a un Capodanno, dove ci siamo azzuffate. Probabilmente ero ubriaca.

Continuo a fare la lista ma ognuna la cancello, per questo o quell’ altro motivo, alla fine arrivo all’amara soluzione che sì, sono un’ asociale, una brutta e patetica asociale. In fondo sono come le mie compagne: triste e incapace di costruire un rapporto con qualcuno.

Finalmente sono arrivata a casa, mi tolgo le scarpe e mi lancio sul letto, alzo la musica degli auricolari, così da non pensare. Mi addormento con la musica. Mi sveglio. Sembra passata una vita da quando mi sono assopita, ma in realtà è solo finita la canzone. Mi alzo e mi siedo alla scrivania per studiare.

Lorenzo:

È ormai qualche ora che studia, non so come si chiami, ma quando legge, scrive o sta semplicemente seduta mi affascina; quando mordicchia la matita, con quei denti bianchi e perfetti, sembra sia così assorta in quello che fa, quasi come lo sono io mentre la guardo.

E’ la ragazza che abita nella casa davanti alla mia, la vedo solo un paio di volte al giorno: la mattina mentre mette i libri nello zaino e la sera mentre studia; chissà cosa studia. Dopo un po’, solitamente, prendo un foglio e comincio a tracciare  linee e curve che mi servono per abbozzare un suo ritratto. Non vedo neanche di che colore ha gli occhi, ma i capelli sono nero corvino, boccolosi e lunghi. Mi fanno venire ”le farfalle nello stomaco”. Non so cosa darei per sapere come si chiama: magari Stefania? Beatrice? O Elena? Sì, mi piacerebbe se si chiamasse Elena… probabilmente non mi ha neanche visto e, sinceramente, non vorrei che mi notasse, sennò non potrei più guardarla. 

Anna:

Uffa, quest’espressione non mi viene, la storia fa schifo e sinceramente non capisco neanche più l’utilità della scuola. Potrei benissimo farne a meno, e poi, se fossimo tutti ignoranti, non ci renderemmo conto di esserlo: sarebbe bellissimo!

Ma perché mi sto mangiando un matita? Che schifo! Sa di legno, colla e grafite, è amara come il fiele e probabilmente mi è anche caduta a terra più di una volta. Me la tolgo dalla bocca e vado a bere.

Mi siedo e riprendo a scrivere. 

Ma cos’ha da guardare quel ragazzo dall’altra parte del cortile? Sembra mi stia stalkerando e sinceramente la cosa mi dà fastidio! Mi viene voglia di picchiarlo, di prendere a pugni la sua faccia tosta, ma come si permette di fissarmi in quel modo?   

Mi è venuta un’ idea: prendo un foglio e ci scrivo sopra il mio numero, poi lo attacco alla portafinestra del balcone. Se mi dovesse scrivere, gliene direi di tutti i colori.

Lorenzo:

O mio Dio! Mi ha visto e non solo: ha anche attaccato il suo numero alla finestra. Il cuore mi balza nel petto, chissà se vuole che le scriva, magari le piaccio e vuole conoscermi.

Con le mani tremanti digito il numero sulla tastiera del mio cellulare.

Poi aspetto qualche istante prima di scrivere.

Anna:

Ma quanto ci mette a digitare un numero? Magari è cieco, ma non mi sembra perché se lo fosse non mi fisserebbe tutto il tempo. 

Non riesco veramente a concepire come sia possibile impiegare così tanto per digitare delle cifre.

Forza, ce la puoi fare entro domani! Non ti ho mica chiesto di camminare sulle mani!

Magari non ha capito che deve scrivermi, allora attacco un altro biglietto al vetro e ci scrivo:

TI SAREI GRATA SE MI SCRIVESSI PERCHÉ TI DEVO CHIEDERE UNA COSA,

Cordiali saluti da me.

Forse adesso capisce cosa deve fare. Altrimenti non saprei proprio cosa inventarmi, magari potrei andare a suonare il campanello, però non so quale sia il suo.

No, idea bocciata, disturberei troppa gente, se dovessi suonare quello sbagliato.

Però mi infastidisce parecchio, con quei suoi occhi fissi sulla mia finestra; sembra che stia controllando se ho pulito la stanza dalla polvere o se l’ angolo del tappeto è risvoltato.

Non ne posso più, se non mi scrive entro cinque minuti gli lancio un petardo acceso nella finestra.

Lorenzo:

Va bene, ora le scrivo, però è veramente impaziente, chissà cosa mi deve dire.

Ok, non ho la più pallida idea di cosa parlare, ma opterò per un:

Tu: Ehi, sono il tuo vicino…

Vicina: Lo so grazie, non sono ebete. Non so perchè ti piaccia tanto fissarmi ma potresti smetterla gentilmente? Sennò ti lancio un petardo in casa.

PS: chiudi comunque la finestra nei prossimi giorni potrebbe venirmi la voglia   irresistibile di provare i botti di Capodanno in anticipo.

  

Tu: Ok, scusami non volevo assolutamente

dari fastidio, mi spiace tantissimo ma sei un 

soggetto troppo interessante per i miei disegni

Se vuoi poi te ne faccio vedere un paio.

Comunque farò attenzione a non aprire la finestra, 

ma non ti assicuro di riuscire a stare una settimana

senza cambiare l’ aria della stanza.

Io comunque mi chiamo Lorenzo. Tu?

Vicina: Scuse accettate, non volevo essere così aggressiva

ma ogni tanto non riesco proprio a trattenermi. E penso che la mia irascibilità sia anche causata dalla matematica comunque mi chiamo Anna,e riguardo ai disegni mi farebbe piacere vederli. Possiamo incontrarci più tardi nel cortile sotto casa tua.

Fammi sapere, a dopo.

Rebecca Giordo

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