Durante le conversazioni tra anziani, sovente si sente dire che sia meglio andare da un prete piuttosto che da uno psicologo.
Anche in questo caso, la saggezza dei nonni va seguita? Per molti di loro, i preti ne sanno ancora di più di uno psicologo: non hanno bisogno di soldi per offrirti il loro aiuto, non sono laureati in psicologia ma hanno studiato anche loro, sono disponibili ad ascoltare credenti e non. Il prete poi non ha “l’obbligo” di soddisfare le aspettative alla fine del colloquio, a differenza dello psicologo che viene pagato, per cui il paziente pretende di restare “soddisfatto”.
Affidarsi tuttavia solo alla fede può non essere sufficiente.
Un sacerdote può dare dei consigli sulla base di precetti religiosi che spingono, più o meno inconsciamente, a credere che determinate azioni possano sortire conseguenze positive solo perché rispettano il volere di Dio. Gli psicologi, al contrario, seguono un percorso di studi scientifico e non religioso. Uno psicologo è in grado di attribuire un nome al problema che si ha (o si pensa di avere) sulla base di studi che si fondano su solide basi scientifiche e non su “verità” religiose. Il prete, di fatto, chiede di credere in qualcuno della cui esistenza non si può essere certi.
Non c’è dubbio che, in caso di bisogno per problemi di natura psicologica, occorra affidarsi a uno psicologo e non a un prete. Anche solo per il fatto che uno psicologo, dopo anni di formazione ed esperienza professionale, ha gli strumenti più utili per aiutarci ad affrontare noi stessi.
Lucrezia Sica
